L’UNESCO, LA PIZZA e NAPOLI

L’arte del Pizzaiolo Napoletano è diventato patrimonio culturale dell’Umanità Unesco.
Innanzitutto partiamo dalle definizioni. Per l’esattezza l’arte del pizzaiolo napoletano è stata inserita nell’elenco dei patrimoni IMMATERIALI, che per definizione sono quella categoria di beni che si caratterizzano per:

  •  essere trasmessi da generazione in generazione
  •  essere costantemente ricreati dalle comunità e dai gruppi in stretta correlazione con l’ambiente circostante e con la loro storia
  •  che permettono alle comunità, ai gruppi nonchè alle singole persone di elaborare dinamicamente il senso di appartenenza sociale e culturale

Diventa chiaro pertanto che quello che è stato premiato non è la pizza, la ricetta, nè tantomeno è stato creato una sorta di disciplinare che vieti di chiamare Pizza Napoletana una pizza che non viene fatta a Napoli.

Siamo su tutto un altro terreno di gioco.
Si tratta di salvaguardare un patrimonio culturale fatto da un mestiere, dalla sua ricetta, ma anche dalla comunità, dalla storia e tutti gli altri fattori sopra descritti.

Al pari della pizza napoletana troviamo in Italia altri patrimoni immateriali che ci possono far capire il valore da attribuire a questa riconoscenza come:
* il saper fare liutario di Cremona
* il canto a tenore Sardo
* le feste delle Grandi Macchine a Spalla ( come la festa dei Gigli di Nola o il trasporto della Macchina di Santa Rosa a Viterbo).

Detto questo, abbiamo trovato deprimente l’atteggiamento di una gran parte della categoria verso questo premio che non da tutti è stato accolto con piacere.

C’è chi ha trovato errato definirla ARTE, perchè la PIZZERIA andrebbe trattata come una scienza.
C’è chi si è sentito escluso, perchè riguardava solo i Napoletani. (ma i Napoletani non sono comunque Italiani?)
C’è chi da partenopeo, si è sentito di escludere tutti gli altri, perchè NON erano NAPOLETANI. (e di nuovo come sopra)
C’è chi pensa che sia ingiusto premiare “solamente” la pizza napoletana quando ci sono anche tanti altri pregiati e storici prodotti culinari nel nostro Belpaese.

Ma se invece per una volta, provassimo semplicemente a essere soddisfatti per il traguardo, POSITIVO, raggiunto da nostri connazionali e colleghi, non sarebbe meglio?

In questo momento la ristorazione ha come primaria necessità quello di creare una rete di intenti. Siamo abituati ai campionati di calcio, dove tante sono le squadre e solo una vince lo scudetto.
Ma ci dimentichiamo che è lo sport a cui stiamo tutti giocando che rischia di perdere.
La qualità del prodotto, delle tecniche, del mercato, delle ricette e del lavoro che interessa ai pizzaioli è la stessa che interessa a chi lavora in cucina, in sala, nei bar e così via.

Ricevere un premio dall’UNESCO per un’arte come quella del PIZZAIOLO NAPOLETANO, non significa escludere le altre pizzerie e pizzaioli. Significa e può significare trovare spazio e opportunità affinchè altri prodotti e altre tradizioni vengano riconosciute allo stesso modo.

“Cosa sarebbe successo se fossero stati gli Stati Uniti con la loro pizza “american style” a diventare patrimonio Unesco?”

Il nostro BELPAESE è un universo costellato di tradizioni e saperi, di mestieri e conoscenze che il mondo da sempre ci invidia e che ora ci inizia a copiare.
Non è solo il mercato, l’economia di queste tradizioni, che viene minato, ma la tradizione stessa.

Ben vengano allora questi riconoscimenti così come lo studio scientifico, finanche il miglioramento tecnico delle tradizioni che mai sono state ferme e immutate nel tempo. La stessa scienza si è più volte dovuta ricredere rispetto ai propri dogmi, figuriamoci la ricetta della pizza.

Ma soprattutto cerchiamo di essere coesi, ne gioveremo tutti alla fine.
Oggi grazie alla raccolta di 2 milioni di firme siamo qui a parlare dell’ARTE della PIZZA NAPOLETANA.
Cosa sarebbe successo se fossero stati gli Stati Uniti con la loro pizza “American Style” a diventare patrimonio Unesco?

Non aspettiamo che siano gli altri a farci capire il valore che abbiamo.

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